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March 21, 2024
PERSPECTIVES - Outlook Macro e di Mercato 1/24 - secondo trimestre
MACRO: Che tipo di atterraggio? | OBBLIGAZIONARIO: Avanti con il carry! | AZIONARIO: Fondamentali in miglioramento
Nella nostra nuova pubblicazione per il secondo trimestre del 2024, forniamo un aggiornamento della nostra view economica anche in termini di asset class.
Macro: Che tipo di atterraggio?
Dopo aver chiuso l‘anno con una crescita annualizzata del PIL del 3,2% nel Q4 2023, sull’intero anno l‘economia USA è cresciuta del 2,5%. Il momentum dell’economia si è protrat- to anche all‘anno in corso, motivo per cui abbiamo alzato le nostre previsioni di crescita del PIL per il 2024 all‘1,8%. Gli effetti ritardati della restrizione monetaria, però, potrebbero ancora farsi sentire. Dato che le recessioni USA si verificano di solito senza grande preavviso, un certo grado di cautela è opportuno. Ci aspettiamo che la normalizzazione del mercato del lavoro continui. Il tasso di disoccupazione è salito di 20 pb al 3,9% a febbraio, il livello più alto da gennaio 2022, e la crescita dei salari è rallentata al 4,3%. Nel 2023, l’inflazione headline negli USA è stata del 4,1%. Più di recente è diminuita ancora raggiungendo il 3,2% a febbraio 2024. Anche se l’inflazione core sta scendendo stabilmente – arrivando al 3,8% a febbraio – negli ultimi tre mesi ha visto una riaccelerazione, un segnale per cui è lecito immaginare che la discesa verso il target del 2% non sarà lineare.
Prevediamo che l’inflazione rimanga al 2,8% per il 2024. Con la diminuzione delle pressioni sui prezzi al consumo, ci aspettiamo che la Fed inizi a tagliare i tassi di 25 pb a giugno 2024, a cui faranno seguito altri due tagli entro la fine del Q1 2025. Le elezioni presidenziali USA di novembre 2024 svolgeranno una certa influenza sull‘esatta tempistica, così come i dati macroeconomici che verranno pubblicati.
In Eurozona, la crescita del PIL nel 2023 è stata di un timido 0,5% condizionata dalle condizioni finanziarie restrittive che hanno frenato l’economia, specialmente nelle aree più sensi- bili ai tassi di interesse come il settore delle costruzioni, gli investimenti ma anche la manifattura. Nel corso dell’anno questo trend dovrebbe ammorbidirsi, supportando almeno parzialmente la crescita economica. Prevediamo che la crescita del PIL migliori nel 2024 ma che rimanga comunque ad uno 0,7%.
Dopo una media del 5,5% nel 2023, l’inflazione in Eurozona sta diminuendo grazie soprattutto ai prezzi dell’energia più bassi. A febbraio 2024 ha raggiunto il 2,6%, anche se l’inflazione core è rimasta al 3,1%. L’inflazione headline però dovrebbe calare ancora, ad un 2,5% medio per il 2024. Da una parte, i livelli di attività economica moderati dovrebbero allentare le pressioni sui prezzi ma dall’altra un mercato del lavoro tirato dovrebbe lavorare in senso contrario. Ci aspettiamo che la BCE tagli i tassi di interesse di 25 pb per la prima volta a giugno 2024 per poi proseguire con altri due tagli entro fine anno e un altro nel Q1 2025.
Nel 2023, il Giappone ha visto una crescita del PIL dell‘1,9% nonostante la debolezza della domanda interna e dei consumi nella seconda metà dell‘anno. Nei prossimi trimestri, i negoziati salariali “Shunto“ attualmente in corso - che dovrebbero portare ad aumenti salariali importanti - potrebbero contribuire ad un aumento dei consumi privati, sostenendo le pressioni inflazionistiche. Prevediamo una crescita del PIL dello 0,5% nel 2024.
L‘anno scorso l‘inflazione in Giappone è stata in media del 3,2% ma nel gennaio 2024 è scesa al 2,2%, il livello più basso dal marzo 2022. L‘inflazione core è scesa al 2,0%, il minimo da 22 mesi. Prevediamo che l‘inflazione continuerà a diminuire, attestandosi in media al 2,3% nel 2024, soprat- tutto grazie al calo dei costi energetici. Ci attendiamo che la BoJ porrà fine alla politica di tassi d‘interesse negativi (NIRP) nella primavera del 2024. Alla fine del periodo di previsione, ci aspettiamo che il tasso di policy sia pari allo 0,25%.
Obbligazionario: Avanti con il carry!
L‘economia USA ha dimostrato un livello tale di resilienza al punto che si è tornati a discutere di uno scenario di crescita continua. Il mercato del lavoro rimane relativamente solido e il problema dell‘inflazione non si è ancora risolto. L‘economia dovrebbe riaccelerare entro la fine dell‘anno sostenuta dai tagli dei tassi di interesse, i quali dovrebbero favorire un “bull steepening“ della curva dei rendimenti, in cui i tassi a breve termine scendono mentre quelli a lunga scadenza rimangono più stabili. Infatti, è difficile che si verifichi un calo sostanziale dei tassi a lungo termine, che oggi sembra- no muoversi intorno ai livelli di equilibrio tipici dei regimi di inflazione medio-alta. Prevediamo che i rendimenti dei Treasury statunitensi rimarranno elevati più a lungo dal momento che è improbabile che nei prossimi anni si ritorni al precedente contesto di tassi di policy prossimi allo zero (obiettivo di rendimento del Treasury decennale a marzo 2025: 4,20%; obiettivo di rendimento del Treasury a 2 anni: 3,95%).
L’inflazione rimarrà un problema spinoso per la BCE. La crescita salariale dovrebbe rimanere elevata, sostenendo l’inflazione nei servizi che a sua volta potrebbe mantenere l’inflazione sopra il target della BCE. I rendimenti del Bund, pertanto, rimarranno elevati anche se lo steepening della curva dovrebbe indurre un calo sulle brevi scadenze e una risalita sulla parte lunga. Questo movimento potrebbe essere supportato da un’emissione netta di bond a lunga scadenza superiore all’anno scorso (obiettivo di rendimento del Bund a 10 anni: 2,60%; obiettivo di rendimento del Bund a 2 anni: 2,50%).
Lo spread dell’Italia rispetto al Bund vede il rischio di un allargamento. Il problema della sostenibilità del debito non è ancora rientrato completamente. La fine dei reinvestimenti del PEPP è un elemento aggiuntivo che potrebbe supportarne una risalita (obiettivo di rendimento dello spread a 10 anni: 180 pb).
Il credito Investment Grade (IG) ha trovato parecchia domanda su entrambe le sponde dell’Atlantico. I flussi in entrata sono incrementati parecchio e le nuove emissioni sono state ampiamente sottoscritte dagli investitori. L’asset class continuerà a beneficiare dell’opportunità di carry e lo steepening delle curve dovrebbe ridurre l’appeal della liquidità spingendo i flussi verso asset a maggior duration come l’IG. Il deterioramento dei fondamentali difficilmente sarà così marcato da influenzare negativamente il mercato USD. Il segmento EUR dovrebbe vedere un ulteriore calo degli spread alla luce di bilanci solidi e leva sui minimi rispetto agli standard storici.
Tra le obbligazioni High Yield (HY) il rischio di rifinanziamen- to è calato leggermente grazie al fatto che le aziende stanno emettendo nuovi bond sugli attuali livelli di spread, che sono contenuti. Gli emittenti più in basso nelle fasce di rating però continuano a soffrire, spingendo al rialzo i tassi di default su entrambi i mercati HY. La capacità di far fronte al debito, inoltre, si sta deteriorando. Prevediamo una possibile correzione negli attuali livelli di spread nonostante il rischio di rifinanziamento si sia ridimensionato.
Gli spread sulle obbligazioni sovrane dei Paesi emergenti potrebbero allargarsi marginalmente. Il solido contesto di crescita economica per buona parte dei Paesi emergenti, infatti, sembra già essere nei prezzi. Le elezioni presidenziali USA potrebbero indurre volatilità sull’asset class. Al contrario, gli spread di credito in Asia ex-Giappone potrebbero rimanere invariati o muoversi al ribasso aiutati da un’emissione netta negativa unita a dei tassi di default stabili.
Azionario: Fondamentali in miglioramento
La commistione di dati macroeconomici promettenti che hanno tenuto in vita le aspettative di un soft landing negli Stati Uniti, il crescente entusiasmo per l’intelligenza artificiale (IA) e la preoccupazione di alcuni investitori di non partecipare ai rialzi del mercato ha spinto i mercati azionari dei Paesi sviluppati (DM) nuovamente al rialzo negli ultimi mesi: l’S&P 500, lo STOXX Europe 600 e il TOPIX hanno tutti aggiornato i massimi storici.
Al tempo stesso, le performance dei mercati emergenti (EM) sono state più contrastanti. I titoli indiani, coreani e taiwanesi si sono uniti al rally dei Paesi sviluppati, mentre i titoli cinesi hanno sottoperformato a causa del continuo scetticismo degli investitori circa la risposta di Pechino alle sfide economiche del Paese. I titoli dell‘America Latina sono stati penalizzati dalla debolezza dei prezzi delle materie prime.
Dopo quattro mesi senza un significativo consolidamento e con gli indicatori di sentiment che iniziano ad evidenziare segnali di euforia, crediamo che un ritracciamento del mercato non sia da escludere. Di norma l’azionario USA vede un consolidamento del 5% tre volte all’anno e una volta una correzione del 10%. Una correzione potrebbe anche essere un segnale positivo dato che il rally di mercato è in sostanza attribuibile soltanto all’eccezionale performance di pochi titoli.
Ciò nonostante, rimaniamo positivi sulle prospettive di medio a lungo termine e suggeriamo di sfruttare ogni consolidamento per incrementare l’esposizione.
Coerentemente con la revisione al rialzo delle previsioni di crescita macroeconomica per USA e Cina abbiamo alzato i nostri target per gli indici azionari che seguiamo.
Prevediamo l’S&P 500 a 5.300 punti a marzo 2025 e lo STOXX Europe 600 a 515. Ci attendiamo un movimento laterale per l’indice MSCI Emerging Markets a 1.050 e stimiamo che l’MSCI Japan raggiunga 1.740 punti.
Rimaniamo fiduciosi che le aziende saranno in grado di aumentare utili e dividendi nei prossimi anni, grazie alla riaccelerazione dell‘economia e all‘allentamento delle politiche monetarie da parte delle Banche Centrali. Per i prossimi 12 mesi prevediamo una crescita degli utili di circa l‘8% negli Stati Uniti, intorno al 5% Europa e addirittura superiori al 10% nei Paesi Emergenti asiatici e in Giappone.
Siamo consapevoli che le valutazioni degli indici azionari USA siano superiori alle medie storiche. Tuttavia, non crediamo siano irragionevoli dal momento che un determinato premio per l’elevata profittabilità delle società tecnologiche USA che oggi occupano un peso rilevante sugli indici ci appare appropriato. Inoltre, la valutazione mediana delle società dell’S&P 500 è in linea alle medie storiche. Anche se di recente sono salite, le valutazioni degli altri mercati azionari globali non sono così elevate.
Le azioni europee e cinesi, in particolare, ci sembrano poco dispendiose. Quelle giapponesi sono ben supportate da una crescita robusta degli utili, una debolezza della divisa e le riforme in tema di corporate governance.
A livello settoriale, negli USA preferiamo le azioni IT e quelle legate al mondo del web che sono le più esposte al tema dell’IA. In Europa prediligiamo le azioni del settore industriale e i titoli legati al mondo dei consumi insieme ai finanziari che sono sottovalutati e offrono elevati tassi di payout.
Materie prime: I rischi sono al rialzo
I dati poco chiari della Cina continuano a creare preoccupazione sulla crescita della domanda di petrolio. Non ci aspettiamo che la domanda cinese continui ad evolversi sugli stessi livelli dell’anno scorso dato che il boost delle riaperture post-Covid è ormai alle nostre spalle.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) stima che la crescita della domanda cinese di petrolio diminuirà da 1,7 milioni di barili al giorno a 0,6 quest’anno. Insieme alla Cina, il consumo di petrolio da parte dell’India assumerà sempre più un ruolo importante. La domanda degli USA dovrebbe essere supportata dalla riaccelerazione dell’eco- nomia verso la fine dell’anno. Sul fronte dell‘offerta, l’OPEC+ continua a mantenere un limite al ribasso sui prezzi, come conferma la recente decisione di estendere i tagli volontari da 2,2 milioni di barili al giorno al secondo trimestre. Il cartello potrebbe aumentare la produzione nella seconda metà dell’anno ma rimarrà comunque attento all’impatto sui prezzi delle proprie manovre. Le ultime azioni evidenziano una certa riluttanza del cartello a dei prezzi inferiori agli USD 80 al barile. Al tempo stesso però la produzione USA dovrebbe rimanere elevata sebbene sia difficile immaginare ulteriori aumenti alla luce del calo delle scorte. Le tensioni in Medio Oriente e in Russia continuano a covare possibili importanti rischi al rialzo in caso di escala- tion (obiettivo per il Brent a marzo 2025: USD 84 al barile).
Un inverno caldo e ventilato, il passaggio dal carbone al gas e la continua debolezza della domanda da parte dei settori energivori hanno spinto in calo il prezzo del carbonio. Anche la decisione di anticipare le aste delle quote per raccogliere fondi per il piano REPowerEU ha pesato sui prezzi. Tuttavia, questo implica un numero inferiore di quote messe all‘asta nel 2026, con un potenziale aumento dei prezzi nel medio-lungo termine. Inoltre, i mercati inizieranno a prepararsi all‘introduzione della carbon border tax nell‘UE, mentre i policy maker continueranno a lavorare per raggiungere standard di emissione più severi per il futuro (obiettivo per le emissioni EU di carbonio per marzo 2025: 80 USD/t).
L‘oro di recente ha toccato nuovi record grazie alla robusta attività di acquisto da parte della Cina, che ha visto triplicare le esportazioni di oro dalla Svizzera nel mese di gennaio.
Continuiamo a prevedere una forte domanda di oro fisico come diversificazione delle riserve estere da parte delle Banche Centrali, mentre i rischi geopolitici ed economici, sempre presenti, mantengono alta la domanda dell‘oro in qualità di copertura dei rischi. Contemporaneamente, il costo opportunità di detenere l’oro diminuirà con le principali Banche Centrali che si preparano a tagliare i tassi. Questi tagli ridurranno i rendimenti a breve termine, diminuendo la loro attrattiva rispetto all‘oro, che è un asset che non genera un rendimento periodico (obiettivo per l’oro per marzo 2025: 2.400 USD/oz).
Nonostante i guadagni non brillanti dell’anno scorso, la domanda fisica di rame è rimasta elevata. L’aumento delle infrastrutture rinnovabili, soprattutto in Cina, è stato in grado di controbilanciare la debolezza della domanda del settore manifatturiero globale e del settore immobiliare cinese. Crediamo che questo fenomeno perdurerà. La ripresa della manifattura globale sarà di ulteriore aiuto.
L’offerta, al tempo stesso, difficilmente farà progressi con le miniere in Sud America soggette a interruzioni per motivi sociali e ambientali (obiettivo per il rame per marzo 2025: 9.600 USD/t).
Tassi di cambio: In equilibrio
Le fluttuazioni dei mercati valutari si sono recentemente attenuate. Le aspettative del mercato sul percorso futuro della politica monetaria sono diventate più allineate al contesto economico e alle nostre aspettative. Pertanto, le nostre previsioni rimangono sostanzialmente invariate.
La maggior parte delle economie dell‘Eurozona e degli Stati Uniti ha gestito bene il ciclo di rialzi, anche se la crescita nell‘Eurozona è stata anemica rispetto a quella negli Stati Uniti. I progressi in corso sul fronte dell‘inflazione, anche se in diminuzione, dovrebbero consentire alle autorità di politica monetaria di avviare quest‘anno il ciclo di riduzione dei tassi in maniera graduale.
Prevediamo che entro la fine di marzo 2025 la Fed e la BCE abbiano tagliato i tassi di interesse di riferimento rispettiva- mente di 75 pb e 100 pb. Questa dinamica dovrebbe avere un impatto sul differenziale dei tassi di interesse a breve termine contenuto. Ipotizzando una crescita economica nella seconda metà dell’anno a seguito anche del taglio dei tassi di interesse, la domanda per i beni rifugio – che in precedenza aveva supportato il USD – dovrebbe ridursi ulteriormente, controbilanciando l’impatto della bassa crescita dell’Eurozona per l’EUR. Pertanto, manteniamo inalterata la nostra previsione di EUR/USD all’1,10 entro la fine di marzo 2025.
Per la BoE, ci aspettiamo che effettui i suoi tagli in gran parte in accordo con la Fed e la BCE. Se da un lato le valutazioni sosterrebbero un rafforzamento del GBP rispetto all‘USD, dall‘altro è probabile che l‘indebolimento della dinamica della crescita economica nel Regno Unito ponga un freno al potenziale apprezzamento della sterlina.
Pertanto, prevediamo che il GBP/USD all’1,28 entro fine marzo 2025.
La crescita economica del Giappone si è arrestata di recente, ma gli aumenti salariali e un ritorno alla crescita dei salari reali potrebbero rafforzare le dinamiche inflazionisti- che nel corso dell‘anno. Ciò potrebbe mantenere l‘inflazione elevata più a lungo e consentire l’uscita dalla spirale di deflazione che ha afflitto il Paese negli ultimi tre decenni.
Ci aspettiamo quindi che la BoJ si muova nella direzione opposta rispetto alle Banche Centrali dei Paesi sviluppati, inasprendo la politica monetaria. Ciò dovrebbe spingere leggermente al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato giappo- nesi. Aggiungendo al quadro i tagli delle Banche Centrali dei Paesi sviluppati, i differenziali di rendimento dovrebbero restringersi. Questo dovrebbe rafforzare il JPY. Tuttavia, riteniamo che le possibilità di un apprezzamento notevole siano limitate perché i differenziali di rendimento rimangono importanti e i tassi reali in Giappone sono ancora negativi.
L‘assenza di una recessione negli Stati Uniti e in Europa diminuisce il rischio che gli investitori giapponesi tornino in larga misura sul mercato domestico che potrebbe teorica- mente portare a un rapido apprezzamento del JPY. Preve- diamo che l‘USD/JPY raggiunga 145 entro marzo 2025.
I problemi strutturali del settore immobiliare stanno pesando sulla crescita di lungo periodo della Cina. L’inflazione rimarrà con buone probabilità sotto il target del 3% della PBoC nel 2024 e nel 2025. Crediamo che la PBoC allenti la politica monetaria per sostenere i consumi e i cali dei prezzi dell’immobiliare. Il CNY sarà penalizzato.
Prevediamo il USD/CNY a 7,35 entro marzo 2025.
Lungo l’orizzonte temporale di previsione evidenziamo come la geopolitica e le numerose elezioni politiche del 2024 rappresenteranno un elemento di possibile volatilità sui cambi.
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