CIO View May 10, 2024

CIO Special | Italia: ancora costruttivi

L’Italia ha affrontato bene le recenti crisi, grazie anche ai fondi dell’UE. L’aumento della produzione industriale abbinata alla resilienza dei servizi fanno ben sperare per il futuro.

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A cura di Dr. Dirk Steffen (Chief Investment Officer EMEA), Daniel Sacco (Investment Officer EMEA), Alberto Bianchi (Investment Officer Italia)

Indice:

  1. Quadro macroeconomico
  2. Gli sviluppi recenti
  3. Debito pubblico e deficit
  4. Azionario
  5. Obbligazionario
  6. Conclusioni

01 Quadro macroeconomico

L’Italia ha affrontato bene le recenti crisi (i.e. il COVID-19 e la crisi energetica europea). Come mostrato in Figura 1, all’inizio del 2022 l’Italia era già tornata al trend di crescita pre-pandemia (in relativo più basso rispetto a quello dell’Eurozona), mentre il resto dell’Eurozona era ancora al di sotto del trend. Nel quarto trimestre del 2023, il PIL dell’Italia era superiore del 4,2% rispetto a quello del quarto trimestre del 2019, a fronte di un aumento del PIL dell’Eurozona del 3,0%.

Rispetto all’anno precedente, la crescita del PIL si è attestata al +0,2% nel quarto trimestre del 2023, rispetto allo 0,0% dell’Eurozona. Per l’intero anno 2023, la crescita è stata dello 0,7% contro lo 0,5% dell’Eurozona. Per l’Italia non è in vista alcuna recessione, anche se alcune altre importanti economie dell’Eurozona sono rimaste stagnanti. 

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Sono diversi i fattori che hanno contribuito a questo recupero. Il NextGenerationEU (NGEU), insieme al bilancio di lungo termine dell’UE, ha rappresentato il più grande pacchetto comunitario di stimolo economico mai realizzato in Europa con un valore combinato, ai prezzi correnti, di EUR 2.018 miliardi. All’interno dell’NextGenerationEU, il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF, Recovery and Resilience Facility) rappresenta lo strumento principale assicurando garanzie e prestiti per un totale di EUR 723,8 miliardi a supporto delle riforme e degli investimenti all’interno dei Paesi membri. Per accedere a questi fondi, i Paesi sono chiamati a redigere un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sulle proprie strategie di spesa. La Commissione Europea verifica il progresso di ciascun Paese verso gli obiettivi e le tappe dei vari percorsi prima di distribuire i fondi.

L’Italia è il principale beneficiario dell’intero pacchetto di stimolo in termini di fondi e garanzie con un totale di EUR 194,3 miliardi. Tale cifra equivale circa all’11% del PIL del 2021. La Grecia e la Spagna sono stati gli unici due Paesi a ricevere un ammontare più elevato in relazione al PIL ma in termini assoluti hanno ricevuto meno fondi. Alla Grecia sono stati assegnati EUR 39,95 miliardi mentre alla Spagna EUR 163,0 miliardi. Alla fine del 2023, la Commissione Europea ha versato all’Italia poco più della metà dei fondi della RRF. Le tranche ricevute annualmente sono state pari all’1,5%, 2,4% e 2,0% del PIL rispettivamente per il 2021, 2022 e 2023.

La pandemia e lo shock energetico, inoltre, hanno spinto i Paesi membri dell’Eurozona a perseguire una politica fiscale meno rigorosa, perseguendo un approccio anti-ciclico (a differenza della Grande Crisi Finanziaria). L’Italia, in precedenza, ha sempre avuto un margine di manovra limitato da questo punto di vista per cercare di mantenere il livello del deficit secondo le allora vigenti regole comunitarie.

L’Italia ha anche beneficiato della maggior spesa dopo la pandemia che ha coinvolto settori come il turismo e il lusso. Il lusso è un importante contributore al PIL del Paese, rappresentando il 6,9% del PIL del 2019. Il turismo e il settore dei viaggi hanno costituito il 13,9% del PIL nello stesso anno.

Sebbene questi fattori abbiano favorito la crescita, hanno anche contribuito al ritorno dell’inflazione. Gli shock sull’offerta (ad esempio quelli energetici dopo l’invasione russa dell’Ucraina), insieme alla forte domanda che ha fatto seguito alla pandemia, hanno creato inflazione. La successiva stretta monetaria della BCE ha avuto impatti diversi nell’Eurozona e l’Italia ne ha risentito particolarmente. Il tasso pagato sui nuovi mutui alle famiglie è passato dall'1,45% al 3,60% tra gennaio 2022 e gennaio 2023, in aumento di 2 punti percentuali (contro poco meno di 1,8 punti percentuali per l'Eurozona).

02 Gli sviluppi recenti

Il settore manifatturiero, il secondo più grande in Europa, ha risentito della pressione delle condizioni creditizie più restrittive. Ma mentre la produzione industriale italiana è rimasta indietro rispetto all’attività manifatturiera dell’Eurozona nel 2021 e nel 2022, più recentemente ha accelerato, superando il resto dei paesi dell’Eurozona e la Germania in particolare.

La recente crescita della produzione industriale italiana, unita alla resilienza dei servizi, fanno ben sperare per l’economia. Nel quarto trimestre del 2023, il Paese è cresciuto mentre la Germani è rimasta in stallo. Riteniamo che questo slancio possa proseguire. Di seguito riassumiamo otto ragioni a sostegno di questa tesi.

Progressi sulla disinflazione. Come mostrato in Figura 2, il CPI italiano è già al di sotto del target del 2% della BCE. L’inflazione è diminuita più rapidamente rispetto al resto dell’Eurozona grazie ad un calo significativo dei prezzi dell’energia.

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Fiducia delle aziende. I PMI confermano un’economia italiana in ripresa più rapidamente rispetto agli altri Paesi “core” dell’Eurozona sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi e auspicabilmente ciò dovrebbe tradursi in dati economici concreti migliori.

Investimenti fissi. Aiutati dai crediti d’imposta del “superbonus” e dai fondi del RRF (vedi sopra), si sono ripresi rapidamente dalla pandemia. La crescita degli investimenti fissi non è sostenibile ai livelli attuali, in particolare nel settore dell’edilizia residenziale che oggi rappresenta un’elevata quota del PIL (Figura 3). Ma qualsiasi rallentamento nella crescita richiederà verosimilmente tempo.

Offerta di credito. Anche l’impulso creditizio sta recuperando dai livelli depressi di poco tempo fa. I prestiti alle famiglie sembrano aver raggiunto un minimo, mentre i prestiti alle società non finanziarie di recente sono aumentati dai livelli molto bassi.

Potere d’acquisto dei consumatori. Negli ultimi anni l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto ma, in prospettiva, potrebbe essere in serbo una ripresa. Come accennato sopra, l’inflazione è diminuita più rapidamente in Italia che nell’Eurozona, riducendo la pressione sulle famiglie. Anche la crescita dell’occupazione, attraverso un numero più elevato di posti di lavoro permanenti piuttosto che di lavoratori temporanei, può aumentare la fiducia delle famiglie e supportare i consumi.

Produttività. La crescita dell’occupazione finora non è avvenuta a scapito di una minore produttività. Il rapporto tra PIL e occupazione è attualmente più elevato rispetto al livello pre-pandemia, indicando un aumento della produttività del lavoro.

Crescita dei salari. Nel Q4 2023 i salari reali sono aumentati del 5,7% in Italia rispetto al 3,7% dell’Eurozona. Tuttavia, negli ultimi 10 anni la crescita dei salari reali in Italia è rimasta indietro rispetto a quella dei Paesi dell’Eurozona, lasciando ai lavoratori italiani spazio per recuperare aumentando ulteriormente il potere di spesa.

Risparmi. Questi sono ancora nella fascia alta dei livelli pre- pandemia. Il tasso di risparmio domestico lordo si attesta al 21,1% del PIL, mentre il tasso di risparmio medio pre-COVID nel periodo 2003-2019 era del 20,4%. Una normalizzazione del tasso di risparmio verso questo valore dovrebbe offrire un ulteriore impulso ai consumi.

03  Debito pubblico e deficit

Il debito pubblico è il tallone d’Achille dell’Italia e l’attuale livello del deficit è un elemento di attenzione. L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha recentemente pubblicato la prima stima del rapporto deficit/PIL. Con un -7,2%, questo valore è ben al di sopra della previsione del governo di -5,3%. Questo dato è particolarmente problematico dato l’elevato livello di debito rispetto al PIL (137,3% nel 2023, Figura 4). Si prevede che il mantenimento dell’incentivo “superbonus” eviterà cali sostanziali del rapporto debito/Pil nel breve termine (i pagamenti in questo caso, infatti, vengono aggiunti al debito pubblico quando i crediti d’imposta vengono effettivamente rimborsati).

La necessità di un aggiustamento fiscale è stata recentemente evidenziata dal Fondo Monetario Internazionale (FMI)2. Livelli di debito più elevati richiedono disavanzi primari più bassi per stabilizzare il rapporto debito/PIL e il FMI stima che la probabilità che l’Italia raggiunga l’obiettivo di deficit necessario a stabilizzare il livello del debito, stimato allo 0,5% del PIL nel 2024, sia inferiore al 50% - il che implica che probabilmente il governo dovrà contenere le spese. (Si noti che l’Italia non è sola in questa situazione: circa un terzo delle economie sviluppate ha deficit primari superiori a quelli compatibili con la stabilizzazione del debito rispetto al PIL.)

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Gli sforzi dell’Italia per controllare la spesa pubblica saranno importanti perché, dopo anni di politica fiscale espansiva, nel 2024 il consolidamento fiscale dell’Eurozona si farà più intenso. Secondo le nuove regole, i Paesi membri con debito eccessivo saranno chiamati a ridurlo in media dell’1% all’anno se il loro debito è superiore al 90% del Pil (come quello dell’Italia), e dello 0,5% in media all’anno se è compreso tra 60% e 90%. Se il deficit di un Paese è superiore al 3% del Pil, dovrà essere ridotto durante i periodi di crescita per raggiungere l’1,5% così da creare un buffer di spesa per le situazioni difficili. Se ciò non verrà fatto, il Paese sarà sottoposto ad una procedura per disavanzo eccessivo (EDP, Excess Deficit Procedure).

Tuttavia, i fondi NGEU potrebbero fornire un cuscinetto di fronte alla necessaria riduzione degli stimoli fiscali. L’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (NRRP) è di grande importanza per rilanciare la crescita economica e migliorare le finanze pubbliche.

Le ultime proiezioni del governo, il cosiddetto Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF), indicano previsioni di deficit di bilancio più elevate nel periodo 2024- 2026 e un ritorno alla soglia del 3% prevista dal Trattato di Maastricht non prima del 2026. In futuro, ciò potrebbe portare a problemi con la Commissione Europea sul consolidamento fiscale.

04 Azionario

Il FTSE MIB ha sovraperformato gli indici europei e la maggior parte degli indici nazionali (ad eccezione della Grecia) dallo scoppio della pandemia, come mostrato nella Figura 5.

La sovraperformance è stata sostenuta dalla composizione settoriale del FTSE MIB, che ha una quota maggiore di banche/finanziari e società energetiche rispetto ad altri indici europei: i finanziari rappresentano il 32% dell'indice e l'energia circa l'11%. I tassi di interesse più elevati hanno aumentato la redditività delle banche, mentre i prezzi dei titoli delle società energetiche sono stati sostenute dall’aumento dei prezzi dei combustibili fossili innescato dall’invasione russa dell’Ucraina. Anche l’esposizione ai settori di consumo più ciclici (come quello automobilistico e del lusso) ha sostenuto il mercato azionario italiano soprattutto quando è cresciuta la fiducia degli operatori nel «soft landing».

Come evidenziato nella Figura 6, la variazione dell’NTM EPS ha contribuito alla maggior parte della performance del FTSE MIB, mentre la variazione del P/E NTM ha dato scarso aiuto. Ciò è in contrasto con il DAX tedesco, che ha basato la sua performance più sulla rivalutazione del P/E NTM complice la quota maggiore di società tecnologiche, dove le valutazioni sono cresciute di più.

Anche se ci aspettiamo che la BCE inizi ad allentare la politica monetaria a giugno, un irripidimento della curva dei rendimenti come prevediamo, dovrebbe essere vantaggioso per il settore bancario in quanto aumenta la differenza tra il tasso che le banche guadagnano sugli impieghi e il tasso che pagano sulle loro passività. Ma ci sono anche alcuni aspetti negativi. Se la BCE dovesse mantenere i tassi elevati più a lungo del previsto, la capacità delle famiglie e delle aziende di ripagare i propri debiti potrebbe ridursi, innescando un deterioramento della qualità degli asset bancari. Anche un aumento della remunerazione dei depositi potrebbe eroderne la redditività.

Le società energetiche europee hanno fatto progressi più rapidi nella transizione energetica rispetto ai concorrenti globali. Ciò potrebbe cambiare la percezione degli investitori e rivalutare questi titoli al rialzo. Infine, i settori dei consumi ciclici, come quello automobilistico e del lusso, dovrebbero trarre vantaggio dalla ripresa economica globale e dall’aumento dei consumi, anche in Cina.

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Le società quotate italiane sono state sempre caratterizzate da basse valutazioni non solo rispetto ai titoli dei Paesi sviluppati ma anche nei confronti delle società europee.

Dal 2012, il FTSE MIB ha scambiato ad un P/E NTM medio di 13,9 contro 14,4 per l’Euro Stoxx 50, uno sconto medio del 4%. Il P/E NTM del FTSE MIB è attualmente pari a 7,9 contro 13,8 dell'Euro Stoxx 50, il che implica uno sconto molto maggiore. Inoltre, rispetto al suo valore medio sullo stesso orizzonte temporale, il rapporto tra i P/E NTM dei due indici è inferiore a una volta la deviazione standard. In passato, livelli così bassi sono stati solitamente seguiti da un rimbalzo relativamente solido delle valutazioni delle società italiane.

05  Obbligazionario

Anche i titoli di Stato italiani hanno mostrato un buon comportamento, seppure con la volatilità come caratteristica costante. Nel pieno della pandemia, ad esempio, lo spread BTP-Bund è salito verso i 300 pb per poi scendere rapidamente raggiungendo i 100 pb nel corso del 2021 grazie alla politica monetaria ultra-espansiva attuata dalla BCE e alla successiva ripresa economica globale. L’allargamento dello spread è tornato nel 2022 sulla scia dell’inasprimento della politica monetaria della BCE e della crisi energetica. I paesi altamente indebitati come l’Italia hanno visto il costo del debito aumentare parecchio, incidendo notevolmente sulla loro situazione economica. Tuttavia, la flessibilità dei reinvestimenti del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) e l’introduzione del Transmission Protection Instrument (TPI) hanno impedito che il differenziale di rendimento BTP-Bund raggiungesse i 250 pb nell’autunno 2022 (Figura 7).

L’autunno del 2023 è stato un altro periodo difficile per i titoli sovrani italiani, a causa non solo della debolezza del mercato obbligazionario globale, ma anche ad un fitto calendario di giudizi da parte delle agenzie di rating. Alla fine, i risultati sono stati positivi, con S&P, Morningstar e Fitch che hanno confermato i rating e gli outlook. Moody’s è andato oltre e ha cambiato il suo outlook da negativo a stabile considerate “la stabilizzazione delle prospettive economiche del Paese, la salute del settore bancario e la dinamica del debito pubblico”. Secondo l’agenzia di rating, le prospettive economiche dell’Italia sono migliorate non solo grazie al PNRR, ma anche ad uno sviluppo positivo sul fronte energetico.

Da allora, lo spread è sceso a livelli visti l’ultima volta nel 2021 e attualmente si attesta a 131 pb, al 24 aprile. Il movimento è stato supportato da ulteriori conferme circa la crescita relativa del PIL italiano rispetto alla Germania (che invece si trova ad affrontare difficoltà strutturali e cicliche) e le aspettative che ciò continui nel medio termine, dato che l’Italia è destinata a beneficiare dei fondi del NGEU in modo più ampio rispetto ad altri Paesi europei.

Un altro fattore rilevante per lo spread BTP-Bund è il rapporto deficit/PIL di entrambi i Paesi. Come mostra la Figura 8, esiste un collegamento tra le due variabili, anche se con un disaccoppiamento nel 2021. L’attuale livello di spread sembra ragionevole e (secondo le previsioni ufficiali) si prevede che la differenza nelle misure di deficit/PIL tra i due paesi si ridurrà, suggerendo che lo spread potrebbe rimanere basso.

Storicamente, c’è anche una tendenza dei rendimenti periferici a comprimersi rispetto al Bund quando i PMI si stanno riprendendo da livelli inferiori a 50.

In più, gli attuali livelli di rendimento del BTP hanno attratto gli investitori retail, che ora vedono il BTP nuovamente come un investimento interessante. La Figura 9 mostra le quote di partecipazione al mercato dei titoli sovrani italiani dal 2007 per tipologia di investitore. La quota di partecipazione retail pre- pandemia era pari all’8%. Nonostante l’aumento notevole di recente, un po’ di rialzo è ancora possibile. La domanda degli investitori al dettaglio continua ad aumentare, come confermato dalle ultime emissioni di BTP Valore, e la media 2007-2013 è stata pari a circa il 17-18%.

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Tuttavia, l’emissione futura di debito sovrano sarà consistente in Eurozona. La media mobile di 4 settimane dell’offerta di titoli di stato in Euro (EGB) dall’inizio dell’anno ha raggiunto quasi EUR 180 miliardi, la più grande dal 2016, e si prevede che rimarrà elevata per il resto dell’anno. Al tempo stesso, però, il recente aggiornamento del governo italiano sull’attività di finanziamento per il 2024 non è troppo preoccupante. Secondo la bozza del piano, quest’anno l’indebitamento netto dovrebbe ammontare a EUR 130 miliardi. Considerando i rimborsi, che ammontano a EUR 265 miliardi, il fabbisogno di finanziamento totale sarà quindi di EUR 365 miliardi, in modesto aumento dai EUR 360 miliardi dell’anno scorso.

Sebbene il contesto macro appaia positivo, il rischio di un ampliamento dello spread rimane. Le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito non sono scomparse. Si tenga presente che la BCE inizierà presto a ridurre il portafoglio del PEPP. Il Consiglio direttivo della BCE ha annunciato che intende interrompere i reinvestimenti nell’ambito del piano alla fine del 2024. L’Italia ha beneficiato del PEPP più di altri Paesi europei. Ciò potrebbe spingere i rendimenti a lungo termine a salire nei prossimi 12 mesi, ponendo qualche rischio per le valutazioni del BTP, sebbene il carry associato rimanga comunque interessante. La fine dei reinvestimenti del PEPP rappresenta un ulteriore possibile ostacolo per il BTP, ma gli effetti potrebbero essere mitigati dalla crescente partecipazione degli investitori al retail.

Se l’Italia non fosse in grado di attenersi alle regole comunitarie in materia fiscale, inoltre, potrebbe perdere uno dei quattro requisiti per beneficiare – nel caso di un allargamento significativo dello spread – del TPI. Un criterio da soddisfare per beneficiare della protezione del TPI è proprio il “rispetto del quadro fiscale dell’UE”.

Un ulteriore fattore da considerare è che, nonostante i livelli di spread contenuti, il valore assoluto dei tassi di interesse è più elevato che in passato, il che aumenta il costo del debito più per l’Italia che per la Germania. Se l’inflazione si rivelasse più persistente, portando la BCE a rallentare il ciclo di allentamento stimato, l’onere sul bilancio pubblico italiano potrebbe essere sostanziale, con un impatto sui titoli di Stato.

Infine, un ultimo fattore riguarda l’attuazione delle riforme previste dal PNRR. Un fallimento in questo contesto costituirebbe un ostacolo significativo per l’economia italiana, rallentando la crescita degli investimenti con ripercussioni sulla crescita del PIL sia nel medio che nel lungo termine con conseguenze sui rendimenti dei titoli di Stato domestici.

06  Conclusione

L’Italia ha gestito bene le recenti crisi, con una buona e rapida ripresa dopo la crisi pandemica. Come evidenziato, ci sono buone ragioni per sperare che questo contesto positivo continui, nonostante i rischi al ribasso non siano scomparsi.

I mercati dei capitali italiani hanno ottenuto buoni risultati rispetto al resto d’Europa nel 2023 e hanno continuato a farlo nel 2024. Sull’azionario, il FTSE MIB ha sovraperformato gli indici europei e la maggior parte degli indici nazionali (a parte la Grecia) dallo scoppio delle pandemia. Questa sovraperformance si basa su diversi fattori e potrebbe continuare, ma con alcuni rischi. Il FTSE MIB è ancora conveniente in termini valutativi rispetto agli standard storici ma anche rispetto agli altri mercati sviluppati.

Lo spread rispetto ai Bund si è ridotti fortemente negli ultimi mesi, seppur episodi di allargamento temporaneo non siano mancati. Il contesto macroeconomico appare ancora costruttivo e ci sono ragioni per ritenere che lo spread BTP possa rimanere intorno ai livelli attuali. Il rischio allargamento rimane poiché le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito non sono scomparse e potrebbero influire sul sentiment del mercato in negativo. A nostro avviso, però per ora gli aspetti positivi sul BTP superano ancora quelli potenzialmente negativi.


Bibliografia

1.  Challenges and opportunities from the pandemic in Europe: The case of Italy | Stanford Institute for Economic Policy Research (SIEPR)
2.  Fiscal policy in the great election year

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Key takeaways

  • L’Italia ha affrontato bene le recenti crisi, grazie anche ai fondi dell’UE. L’aumento della produzione industriale abbinata alla resilienza dei servizi fanno ben sperare per il futuro.
  • Tra i fattori positivi vi sono la disinflazione, la fiducia delle imprese, gli investimenti e il potere d’acquisto dei consumatori. Ma il debito e il livello del deficit rimangono un punto di attenzione.
  • Le azioni italiane hanno registrato buone performance, grazie in parte alla composizione settoriale del FTSE MIB. Lo spread del BTP è contenuto, ma gli aspetti positivi superano quelli negativi.